Con la riforma del processo civile si sta finalmente cercando di porre rimedio ad uno degli annosi problemi della giustizia, quello di una durata media dei procedimenti davvero eccessiva, tanto da rendere di fatto inoperante l’art. 24 della Costituzione.
Il cuore della riforma, pur con le sue sfaccettature, è incentrato nello scambio delle memorie integrative con cui si garantisce, nel contraddittorio fra le parti, la possibilità di delineare, in modo anticipato rispetto alla prima udienza di comparizione/trattazione, il terreno di confronto fra le diverse argomentazioni e tesi difensive, di sollevare le eccezioni di rito e di merito e di avanzare le richieste istruttorie e le prove contrarie. Insomma, tutto ciò che prima avveniva dopo che vi era già stato un incontro fra giudice e parti costituite in giudizio, è ora anticipato rispetto a questo momento.
L’intento è chiaro, ed è quello di dare alla prima udienza di comparizione/trattazione una funzione davvero propulsiva al processo.
La mancata ottimizzazione delle udienze è infatti un problema che è stato sin qui tangibile per tutti gli operatori del diritto. La prima udienza è sempre stata un importante ed inderogabile momento di verifica, da parte del giudice, della corretta instaurazione del contraddittorio, ma non ha spesso avuto la possibilità di garantire anche concreti avanzamenti nel merito delle questioni controverse, perché il giudice non aveva avuto modo di leggere tutte le memorie che sarebbero state depositate solo in seguito a quella prima udienza e, spesso, nemmeno gli atti introduttivi della causa.
E’ qui che sta la vera scommessa su cui occorrerà puntare se si vorrà davvero andare verso una celerità nella definizione dei processi civili, ovvero il fattore umano.
Al di là delle modifiche di rito, la riforma avrà successo solo se i giudici (ma anche gli avvocati delle parti) riusciranno ad arrivare alla prima udienza di comparizione/trattazione preparati sulla base di tutto quanto sarà stato scritto, in modo da poter rendere davvero concreta la funzione di impulso processuale che le udienze dovrebbero avere.
Anche l’abolizione dell’udienza di precisazione delle conclusioni a vantaggio di uno scambio, fra le parti, di conclusioni scritte, va ovviamente in questa direzione.
Sarà una rivoluzione che porterà ad un migliore funzionamento della giustizia? È presto per dirlo, ma noi lo speriamo, anche perché abbiamo a cuore l’innovazione. Forence vuole infatti essere un nuovo modo di relazionarsi al settore legale, un approccio innovativo in linea con la direzione in cui il mondo sta andando.
Valerio Vezzoni